Artista a tutto tondo, si esibisce nel cuore della capitale e regala al pubblico momenti intensi di musica ed elegante intrattenimento.
Mirko Dettori, in arte Sior Mirkaccio, è un vero animale da palcoscenico. L'abbiamo incontrato nella sua casa artistica, il locale La Conventicola degli Ultramoderni, un delizioso spazio nel cuore della Capitale elegantemente arredato che proietta gli ospiti all'interno di un moderno varietà italiano.
In passato hanno assistito alle esibizioni del Sior Mirkaccio anche nomi illustri, italiani e d'oltre oceano quali Maneskin, Valeria Golino, Johnny Depp, Morgan, Manuel Agnelli. Poliedrico, trasversale nelle scelte, dal repertorio ai collaboratori, è un personaggio che protegge con energia la sua unicità. E' un animale notturno, la piacevolezza universale da scovare. Ma una volta trovato, ci si chiede come mai non è accaduto prima.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Sior Mirkaccio, un nome d’arte un programma, come diremmo a Roma... Chi è il Sior e chi il Mirkaccio?
"Mirkaccio è perché dicono abbia un brutto carattere. Sior invece sta per “signore” e di signore modestamente me ne intendo": guardando dal suo monocolo così risponderebbe il Sior Mirkaccio, truccato di bianco, con il frac e gli stivaloni, brandendo un bastone da passeggio e con la mano sinistra facendosi l’accompagnamento alla fisarmonica. È un personaggio, la mia maschera nel Varietà, in particolare quando agisco nel ruolo di fantasista grottesco. In generale mi chiamano solo Mirkaccio, ma con te proverò a essere un Mirkuccio.
Altro nome fantasioso quello del locale in cui ti esibisci, la Conventicola degli Ultramoderni. Quando e come nasce?
Nasce nel 2016 per l’esigenza di dare un nome al locale. Designa un gruppetto di esseri umani che si sentono oltre la modernità. Ho trovato questo nome insieme alla mia socia e duettista Madame De Freitas, sciantosa per eccellenza e presidentessa dell’ULTRAMODERNITA’.
Perché Roma e cos’è Roma per te che non sei romano?
Roma è la città di Ettore Petrolini, insieme a Napoli e Torino è stata una culla del Varietà, da Piazza Guglielmo Pepe con i padiglioni delle meraviglie e l’Ambra Jovinnelli, al Salone Margherita, dove ho avuto l’onore di condurre tra i miei spettacoli più importanti.
E poi Roma è sempre una meraviglia, tra arte, archeologia e natura, soprattutto nel viverla, con quel suo caratteristico mescolarsi senza etichette. È una città storicamente cosmopolita, dove ho occasione di incontrare ogni sera un pubblico nuovo e di avere un continuo e rilassato scambio con le persone.
La tua arte è talmente variegata che non si riesce a definire. Come presenteresti te stesso?
Ogni sera sono pianista, fisarmonicista e cantante di repertori dal trapassato prossimo al futuro anteriore. Sono stato mentalista e ipnotizzatore, donna baffuta e uomo più forte del mondo, mattatore del Varietà e Dj di dischi a 45’. Mi piace comporre musica e canzoni ma ancor più interpretare brani che non ho mai ascoltato. Amo ascoltare altri cantare o suonare le mie composizioni. Mi diverto particolarmente nell’accompagnare musicalmente, nel presentare e nel valorizzare sciantose e canzonettisti, maghi e burlesquer.
Il Sior Mirkaccio si annuncerebbe dicendo: «Accorressero Siore e Siori e non mancassero, e qualora venissero a mancare, mancassero prima, dopo ma non durante lo spettacolo».
Il tuo repertorio attinge molto ai primi del 900, cosa ha innescato questo interesse?
È un repertorio antico ma sempre nuovo poiché si compone di canzoni al tempo scritte in funzione di essere cantate da tutti.
Corrisponde alla memoria dei nostri nonni e dei bisnonni, quindi a una celebrazione degli antenati che ci è connaturata ed è ancestralmente caratterizza una parte della ritualità musicale dell’essere umano. Sono gli anni d’oro del Varietà, dei Cafè Chantant e dei Caffè Concerto, dei Kabarett e dei Tabarin, fino alla Rivista e al Night Club, luoghi notturni e incantati, prolifici di spettacoli fantasiosi ed esotici, dove danza, musica ed erotismo si avvicendavano davanti a un pubblico popolare ed esigente.
Da un punto di vista storico e sociale la produzione della musica di consumo della prima metà del ‘900 ha in sé radici popolari e al contempo una prima, virtuosa contaminazione culturale.
Ma il seme del capitalismo culturale regressivo è già innestato, e quindi pur conservando ancora delle incontestabili qualità propriamente musicali e testuali, consente oggi di riflettere sui vizi del sistema attraverso un’epica che non ricade nel prosaico affannarsi sui moderni ideali di facciata e che invece favorisce l’arbitrio e nutre il senso critico.
Proponi rivisitazione di brani in chiave jazz e swing alternandole con tue produzioni per intrattenere il tuo pubblico. Secondo te cosa si apprezza di più?
Diciamo che propongo delle interpretazioni personali, attingendo a un mio immaginario che coltivo giorno per giorno, facendo scorpacciate di musica classica, jazz, blues e rock’n’roll, di film in bianco e nero ed evitando come la peste ciò a cui oggi il mainstream mi vorrebbe condannare. Credo si apprezzi questa purezza e la totale non appartenenza alle logiche del consumismo culturale.
Il luogo in cui ti esibisci ti dà un’identità, non pensi che ti tolga spazio alla sperimentazionedell’altrove?
Prima di aprire il locale ho fatto più di cento date all’anno per almeno vent’anni e sono trent’anni che mi esibisco in pubblico. Mi sono esibito in teatri importanti, in club esclusivi, in sagre di paese e case di riposo, ho sonorizzato le dungeon room di club fetish, ho partecipato a installazioni artistiche, ho suonato in cima a un silos di letame, ho fatto qualche esperienza televisiva e militato in radio antagoniste.
Quindi questo è un punto di arrivo dopo tante esperienze e il luogo migliore dal punto di vista tecnico, estetico ed energetico dove in questo momento possa portare i miei ingredienti.
Cosa vuol dire essere artista oggi?
A me interessa chi è capace di fare, chi è generoso e altruista, chi non si lascia tentare dalla smania di auto affermazione e in generale dalle distopie e dai falsi ideologici della società contemporanea.
Con una macchina del tempo vorresti tornare indietro ai primi del 900 o preferisci solo diffondere ciò che è stato?
Nessuna delle due possibilità. Mi occupo di intrattenere gli esseri umani in modo onesto e ispirato, cerco di far sognare ad occhi aperti, con suoni acustici e attraverso i linguaggi immaginifici di un mondo mitologico.
Ti propongono di lavorare solo alla tua musica e di lasciare la conventicola: lo faresti?
Solo uno sciocco potrebbe fare una tale proposta, quindi non gli darei certamente retta.
Cosa ti manca per essere felice?
Lo sono, e sento come un dovere restituire la mia felicità attraverso l’espressione artistica e l’intrattenimento.
Cosa manca agli artisti oggi per essere soddisfatti della loro arte?
Bisogna sempre migliorarsi, quindi non si può mai essere totalmente soddisfatti di sé. Personalmente non sono soddisfatto delle mie capacità e per questo continuo a studiare, ma sono pienamente appagato dalla risposta del pubblico e dalle mie scelte di vita. Non sopporto il piagnisteo di certi colleghi, tra rivendicazioni economiche e colpevolizzazione del pubblico.
Purtroppo siamo diventati tutti vittime e carnefici di un sistema regressivo e capillare per cui serpeggia una disonestà intellettuale che obnubila etica e deontologia in favore della capitalizzazione del consenso. E la colpa è più dell’artista disonesto che del pubblico inerte, poiché il primo attacca e il secondo semplicemente non sa difendersi.
Prossimi progetti?
Ho concluso la registrazione di 22 brani che ho composto negli ultimi sette anni di attività. Credo che pubblicherò un libro con testi, partiture e illustrazioni, con un codice QR da cui scaricare le tracce. Più avanti produrrò sicuramente anche due vinili: uno con una selezione dei brani che canto io e uno con quelli che canta Madame De Freitas, interprete titolare di molte mie canzoni.
Ma il progetto più prossimo è insieme ai 7 artisti 7 in programma da giovedì a sabato: dare tutto me stesso al pubblico in lunghe notti di Musica, Magia e Burlesque.